Appartiene ad Allah la sovranità dei cieli e della terra e di ciò che racchiudono, ed Egli è l’Onnipotente. 1 L’esegesi ritiene che questa sura sia una delle ultime ad essere state rivelate e in essa è certamente compreso l’ultimo versetto che ricevette l’Inviato di Allah (pace e benedizioni su di lui). Tabarî (vI, riferisce che Muhammad (pace e benedizioni su di lui) salì sulla sua cammella e recitò: «Oggi ho reso perfetta la vostra religione, ho completato per voi la Mia Grazia e Mi è piaciuto darvi per religione l’IsIàm» (v, 3). Sentite queste parole la folla ondeggiò colpita da una vivissima emozione e ‘Umar Ibn al-Khattàb si mise a singhiozzare. «Perché piangi ‘Umar?», gli chiese il Profeta. «Piango» rispose «perché fino ad oggi stavamo progredendo nella nostra religione. Ora è perfetta, e ogni cosa che giunge al culmine della perfezione tende a diminuire.» «Hai ragione», disse l’Inviato di Allah (pace e benedizioni su di lui). ‘Umar nella sua grande fede e intelligenza aveva presentito che il livello della tensione spirituale che animava in quel tempo la comunità dei credenti aveva raggiunto un altissimo grado di intensità. La rivelazione del Corano e la presenza dell’Inviato di Allah avevano reso possibile il grande miracolo di trasformare un’accozzaglia di tribù rapaci e ostili le une contro le altre in un’Umma Islamica coesa e concorde. Questa carica interiore spinse i musulmani a percorrere il mondo per diffondere la Parola dell’Altissimo (gloria a Lui) e la Sua Legge. Ma, al contempo, la qualità del rapporto tra i credenti e il loro Creatore e tra loro stessi sarebbe presto diminuita. A meno di tre mesi di distanza da quel giorno di ‘ Arafâ il Profeta spirò. 2 «in stato di sacralizzazione»: «lThràm» per il pellegrinaggio o la visita ai luoghi sacri. Vedi Appendice 3 II versetto invita i credenti ad un corretto atteggiamento nei confronti di tutto il rito del pellegrinaggio, che deve essere eseguito puntualmente e completamente. I mesi sacri sono quelli che già in periodo preislamico erano considerati periodi di tregua generale: Dhû T-Qi‘da, Dhù T-Hijjà, Muharram e Rajab. I pellegrini portavano con loro gli animali da sacrificare al termine del rito e li ornavano con ghirlande di fiori o di foglie per dichiarare la loro funzione e proteggerli da qualsiasi razzia. Anche le persone dei pellegrini godevano della particolare protezione che emanava dal rito: il Profeta (pace e benedizioni su di lui) vietò ai musulmani di vendicarsi nei confronti di un certo Hutam che si era reso colpevole di furto nei loro confronti. 4 Durante tutta la fase dellThràm, al pellegrino è vietata la caccia. 5 Vengono ribadite e precisate le norme alimentari del vers. II, (vedi anche la nota relativa). 6 «tirare a sorte con le freccette»: a proposito di questa espressione segnaliamo due interpretazioni diverse ma che non si escludono necessariamente a vicenda. Secondo alcuni commentatori si tratterebbe del rito preislamico di consultare il destino mediante tre punte di freccia o frammenti di pietra. Quando gli arabi si trovavano in imbarazzo a proposito di una decisione da prendere, scrivevano su una delle freccette «fai», sulla seconda «non farlo», sulla terza «è la stessa cosa». Lanciavano le freccette e, a seconda del loro modo di cadere, traevano l’auspicio. La seconda ipotesi si riferisce all’uso di tirare a sorte le parti del bottino o quelle di un animale che era stato acquistato e sacrificato in comune. In entrambi i casi si tratta di una proibizione dell’azzardo che la legge islamica ha concretizzato vietando lotterie, concorsi a pronostici, ecc. 7 Questo versetto concluse la rivelazione coranica. Vedi nota 8 Fatto salvo che la macellazione deve avvenire per sgozzamento e il rispetto dei divieti relativi al maiale e all’alcol, il musulmano può mangiare i cibi degli ebrei e dei cristiani. Per i musulmani che vivono in paesi cristiani si pone spesso il problema della macellazione della carne da parte dei cristiani, che avviene, il più delle volte, con sistemi industriali che utilizzano corrente elettrica, armi da fuoco ecc. È evidente che questo tipo di carni non sono lecite ai credenti e che sarebbe loro dovere organizzarsi in modo tale da procedere alla macellazione rituale (halâl). Tuttavia, quando esistono reali impedimenti e la necessità vitale di consumare quel tipo di carni, si rammenti che la stragrande maggioranza degli ‘ulamà’ (i dottori della legge islamica) hanno enunciato un principio giuridico che dice: «ad dharûrât tubihu’ mahdhûrât» (il bisogno rende lecito quello che è illecito). 9 La struttura familiare islamica permette ai musulmani di sposare donne della gente della Scrittura (cristiane ed ebree) a condizione che siano «muhşanât», termine che significa «fortificate», al quale viene data l’interpretazione di «oneste, caste, virtuose». La moglie non musulmana ha il diritto di esercitare il suo culto e di consumare i cibi che la sua religione le permette. Non ha il diritto di trasmettere la sua religione ai figli e non può ereditare dal marito; il primo interdetto è irrinunciabile, fa parte del patto matrimoniale che la donna ha sottoscritto e il suo non rispetto condurrebbe inevitabilmente al divorzio; per quanto riguarda invece l’eredità, essa può ottenere la sua parte attingendo a quel terzo che la legge islamica consente di legare a chi non sia parte legale di una successione. 10 Vedi note 50-a IV, 11 Verss. e I due versetti si riferiscono ad un episodio della vita dell’Inviato di Allah (pace e benedizioni su di lui): egli si era recato presso il clan ebraico dei Banì Nadir per invitarli a partecipare alla raccolta del «prezzo del sangue» da pagare per l’uccisione di due innocenti commessa da un musulmano. I capi dei Banì Nadir fingendo di acconsentire complottarono per uccidere il Profeta. La tradizione riferisce che lo stesso Gabriele (pace su di lui) scese ad avvertire Muhammad (pace e benedizioni su di lui). In conseguenza di questo fatto i musulmani volevano vendicarsi su tutti gli ebrei di Medina. Il versetto scese per ricordare il divieto delle vendette indiscriminate. La storia ci informa che l’Inviato di Allah (pace e benedizioni su di lui) inviò uno dei suoi presso i Banì Nadir con un ultimatum. Attentando alla vita di Muhammad essi avevano rotto il patto di protezione che avevano stipulato con i musulmani, e pertanto avevano dieci giorni di tempo per abbandonare il paese. I Banì Nadir respinsero l’ultimatum, ma dopo alcuni giorni di assedio cedettero e partirono (vedi sura lix). 12 «la Fornace»: uno dei nomi dell’Inferno. 13 Vedi II, e IV, e le note. 14 Dimenticano la parte di rivelazione che annuncia la venuta di Muhammed (pace e benedizionei su di lui). 15 Anche i cristiani trascurano colpevolmente una parte della rivelazione che era stata data a Gesù. 16 Sembra quasi che le serie divisioni operanti in campo cristiano, sin dai suoi albori e a tutt’oggi, siano profetizzate in questo passaggio coranico. Il primato della Chiesa cattolica, affermatosi in una parte dell’Occidente al prezzo di durissimi scontri con le supposte eresie ariane, nestoriane e monofisite, non ha potuto imporsi nell’Oriente cristiano, in cui l’Ortodossia è nettamente maggioritaria. Dal canto suo la Riforma protestante ha creato ulteriori infinite divisioni tra coloro i quali affermano di seguire la predicazione di Gesù figlio di Maria (pace su entrambi). 17 I Messaggeri professarono ed insegnarono a tutti la medesima dottrina, mentre ciascuno di essi ha apportato un messaggio specifico per la comunità cui il messaggio era destinato. Per questa ragione il magistero di Muhammad (pace e benedizioni su di lui) da un lato ha «spiegato molte cose», cioè la verità di fede cui si erano riferiti i suoi predecessori, dall’altro ha «abrogato molte cose», vale a dire le norme legali insegnate dai profeti del passato o loro attribuite. La sua missione infatti, in quanto estesa alla totalità degli esseri umani, abroga ogni precedente legislazione, ad eccezione di quanto è confermato dalla shari‘a islamica. 18 «il Nostro Messaggero vi è giunto dopo…»: Allah (gloria a Lui l’Altissimo), suscitò il Profeta Muhammad (pace e benedizioni su di lui) dopo un’interruzione della profezia che durò circa seicento anni. 19 Nella Genesi tramandata dagli ebrei sta scritto che Allah (gloria a Lui l’Altissimo) promette alla progenie di Abramo la terra compresa tra il Nilo e l’Eufrate. Su questa promessa si fonda l’attuale rivendicazione sionista della «Grande Israele». In base alla mitologia di questo movimento, gli ebrei odierni benché per lo più discendenti dei Caza- ri di origina turanica convertiti al giudaesimo neH’vin secolo d.C. sarebbero gli eredi della Palestina promessa alla progenie di Abramo. Anche se prescindessimo dal fatto che sono progenie di Abramo gli stessi arabi resta che nell’epoca della distruzione del Tempio da parte dell’imperatore Tito, in Palestina era rimasta un’infima quantità di giudei. E anche questi, nel vennero dispersi e allontanati dalla Terrasanta. 20 Come in altri brani il Santo Corano parla dei profeti e dei loro popoli. Si tratta di una narrazione sintetica, che evidenzia solo i punti essenziali. 21 «un popolo di tiranni»: anche «un popolo di giganti». 22 «Ebbene questo…» è possibile tradurre anche: «Ebbene questo paese sarà loro vietato, ed essi erreranno sulla terra per quarant’anni», e ciò a seconda del punto in cui si colloca la pausa. 23 Caino e Abele. 24 La tradizione racconta che, dopo aver ucciso il fratello, Caino lo caricò sulle spalle nön sapendo cosa farne. Allah gli mandò innanzi due corvi che lottarono tra di loro all’ultimo sangue. Il corvo che sopravvisse scavò la terra con il becco e ricoprì la spoglia del vinto. 25 «che non abbia ucciso a sua volta»: l’applicazione della legge del contrappasso. 26 L’omicidio è un oltraggio a tutta la comunità umana. Ogni legislazione umana lo sanziona con il massimo della pena, che la vittima sia una sola o si tratti di una strage, non cambia la sostanza del delitto e della pena. 27 «chi ne abbia salvato uno»: lett. «vivificato». 28 Questo versetto indica la pena che la shari‘a commina a coloro che in modo organizzato, cosciente e reiterato, compiono atti criminali contro la società islamica, genocidio o anche solo brigantaggio, rapina a mano armata, sequestro di persona a fine di riscatto. Il versetto prevede anche una graduazione della sanzione in base alla gravità della colpa commessa ed è comunque previsto (vedi vers. che coloro i quali si pentono, si ravvedono e sono disposti a riparare al male compiuto possano essere perdonati dall’autorità (fermo restando il contenzioso con le vittime delle loro imprese che viene regolato in base alla normativa relativa all’omicidio e a quella delle lesioni volontarie). 29 Escludendo qualsiasi furto dettato dalla miseria o dal bisogno, la legge islamica sanziona una dura pena nei confronti dei ladri. In base alla Sunna dell’Inviato di Allah (pace e benedizioni su di lui) la giurisprudenza islamica ha stabilito le norme di applicazione di questa pena e tutta una serie di attenuanti e scusanti. Il califfo ‘Umar (che Allah sia soddisfatto di lui) ad esempio, non permetteva che si tagliasse la mano ad un ladro nella cui casa non fossero state trovate provviste alimentari per almeno tre mesi. 30 Secondo il Tabari (v, 232), il versetto si riferisce ad un caso di adulterio avvenuto tra gli ebrei medinesi. L’Inviato di Allah (pace e benedizioni su di lui) fu incaricato di emettere la sentenza, cosa che fece riferendosi alla Toràh. La legge data ai Figli di Israele dice: «Per chi commette adulterio con una donna maritata: l’uomo che commette adulterio con la moglie del suo prossimo sarà messo a morte lui e la sua complice» (Levitico xx, 10). Nell’ambiente ebraico di Medina la sentenza fece scalpore in quanto era molto tempo che la Legge non era applicata. Gli stessi rabbini obiettarono che l’adulterio era troppo diffuso per sanzionarlo in quei termini. Il Profeta non ritenne che tali argomenti avessero una qualche validità e fece eseguire la sentenza. 31 Anche questo versetto fu rivelato a proposito di una questione che coinvolse il Profeta come giudice e gli ebrei come parti in causa. Per la giustizia ebraica un Banì Nadir valeva il doppio di un Bani Quraydha, l’Inviato di Allah uniformò il prezzo del sangue da pagare in caso di omicidio suscitando le ire dei Banì Nadir che costituivano l’aristocrazia israelitica della città. 32 «Quanto a colui che vi rinuncia…»: chi rinuncia ad esigere il contrappasso accettando il prezzo del sangue o, addirittura rinuncia anche a questo, guadagna un grande merito di fronte al suo Signore (gloria a Lui l’Altissimo). 33 «lo abbiamo preservato da ogni alterazione»: a differenza delle Scritture che lo hanno preceduto, il Corano possiede il carattere dell’inalterabilità. Il fatto che in esso, pur essendo stato per secoli copiato a mano, non sia mai stato possibile riscontrare delle interpolazioni è uno dei segni evidenti del carattere miracoloso del Corano. 34 «la giustizia dell’ignoranza»: un giudizio consono al tempo precedente la Rivelazione Coranica che è indicato come il tempo della «jàhilyya» (l’ignoranza, appunto). 35 Sarebbe curioso essere alleati di coloro che «mai saranno soddisfatti di te» (vedi II, 120). Per quanto riguarda le circostanze della rivelazione Tabarì (vI, ss.) riferisce il caso di un gruppo di medinesi legati agli ebrei da patti di alleanza personali. Vedendo l’ostilità crescente che quelli manifestavano nei confronti dell’Inviato di Allah e dell’IsIàm, posero il loro caso di fronte al Profeta (pace e benedizioni su di lui). II versetto chiarì quale doveva essere l’atteggiamento giusto in quella situazione. 36 Quando ci guardiamo intorno e vediamo il comportamento di molti nostri fratelli e degli Stati che si dicono «islamici» ma che non rispettano o che addirittura rinnegano, nei fatti, la religione di Allah e la Sua legge, il nostro animo si intristisce, delusione e scoraggiamento rischiano di invadere il nostro cuore e la nostra mente e potrebbero spingerci al disinteresse per la sorte dei musulmani, all’indifferenza, alla pigrizia, allo scetticismo. E invece basterebbe la lettura del Corano per immunizzarci da tutto ciò, e ricordarci che Allah (gloria a Lui l’Altissimo), è Colui che conosce tutte le cose e ci avverte di tutto quello che può accadere. Non importa affatto se molti musulmani dimenticano la loro religione (ma certo ben poca cosa era la loro fede): Allah. Lui ce lo promette, susciterà una comunità che avrà le migliori caratteristiche, umiltà e fierezza, coraggio di lottare e che sarà esente da ogni ipocrisia. Questa è certamente la misericordia che Allah dà all’umanità, e bramandola noi diciamo «Signore perdonaci e rendici degni della Tua grazia». 37 Afferma il Tabarî (VI, che il versetto si riferisce ad un episodio che vide protagonista Ali ibn Abì Talib. Il futuro califfo stava pregando nella moschea quando gli passò vicino un mendicante; senza interrompere l’orazione, si levò un anello e glielo diede. 38 Allusione a quegli ebrei che furono trasformati in scimmie per aver trasgredito il riposo sabbatico (vedi nota a II, 65). 39 Vedi nota a II, 40 Recenti prese di posizione del mondo cattolico potrebbero far credere che la secolare inimicizia tra ebrei e cristiani sia ormai superata. Chi porti la sua analisi oltre le apparenze non tarderà a riscontrare che si tratta di prese di posizione tattiche. In realtà la recondita ostilità fra le due comunità resta invariata e, come è detto nel Corano, permarrà tale sino al Giorno della Resurrezione. 41 «quello che c’è sopra di loro e di quello che c’è ai loro piedi»: secondo Tabarî (vI, il versetto si riferisce alla pioggia che cade dal cielo e a ciò che cresce sulla terra, ma potrebbe anche essere un’allusione spirituale al cielo e alla terra, «ad-dunyâ» e «al- âkhîra» (il basso e l’ultimo, cioè la vita terrena e l’altra vita). 42 Questo è uno dei versetti che ha più animato la discussione tra coloro i quali ritengono che dopo la rivelazione del Corano e la missione del Profeta Muhammad (pace e benedizione su di lui), non sia più accettabile altro percorso religioso che quello sharaiticamente islamico e quelli che invece, in nome della misericordia divina, hanno lasciato aperta la porta ad altre vie di realizzazione spirituale in un contesto etico universalmente accettabile. È tuttavia evidente che il successivo versetto ribadisce la condanna della identificazione di Allah con «Messia figlio di Maria». 43 Ritorna gravissima l’accusa, rivolta agli ebrei, di aver considerato la Rivelazione come qualcosa di strumentale ai loro interessi, da accettare o respingere, giungendo fino all’assassinio dei profeti di Allah. 44 «entrambi mangiavano»: semplicemente e nettamente viene indicata la discriminante tra il divino e l’umano: l’umano ha bisogni! 45 «non esagerate…»: non eccedete nella venerazione di Gesù al punto da considerarlo divino. 46 Cfr. Salmo CXI e l’invettiva di Gesù che inizia «Guai a voi scribi e farisei ipocriti perché chiudete agli uomini il Regno dei cieli…» (Matteo xxIII, ss.). 47 «uomini dediti allo studio»: alcuni traduttori rendono «qissìsùn» con «preti» assumendo il significato che gli ha attribuito l’arabo moderno, ma nell’originale senso coranico designa coloro che si impegnano assiduamente nello studio delle Scritture. Il Corano esalta coloro che fra i cristiani si dedicavano agli studi e i monaci dediti all’a- scesi, mentre non attribuisce alcun pregio al «sacerdozio». Sono anzi stati esegeti scritturali e monaci (soprattutto copti e nestoriani) ad abbracciare l’IsIàm dopo aver ascoltato il messaggio (vedi v, 83). 48 II versetto si riferisce a tutti quei sinceri cristiani che piansero e si convertirono sentendo recitare il Corano. 49 La comunità islamica è «wustà», espressione che traduciamo con «migliore» ma che letteralmente significa media, cioè equilibrata. Ogni forma di fanatismo discende direttamente dallo squilibrio sociale o personale ed è quanto più distante ci possa essere da una giusta fede vissuta pienamente e serenamente. Nell’IsIàm sono vietate tutte le pratiche oltranziste, autolesioniste, il digiuno a tempo indeterminato, la prodigalità di chi si spoglia di ogni suo avere, è malvista la rinuncia al matrimonio e all’attività sessuale. Il Profeta (pace e benedizioni su di lui) disse: «Non c’è monacheSimo nell’IsIàm», biasimò severamente alcuni compagni che gli avevano chiesto il permesso di evirarsi per non essere distratti dalle donne nella pratica religiosa. 50 «ma vi punirà…»: naturalmente la punizione interviene in caso di spergiuro del giuramento ponderato. 51 Con questo versetto si conclude la rivelazione coranica a proposito degli alcolici, (vedi II, e la nota, e Iv, 43). 52 I danni sociali e familiari provocati dall’alcool e dalle droghe sono drammaticamente sotto gli occhi di tutti. La maggior parte degli incidenti stradali gravi sono da imputarsi all’ubriachezza, la violenza in ambito familiare e gli stupri hanno quasi sempre la stessa origine. Una recente statistica ha rivelato che l’dei reati penali sono connessi con la droga e il suo traffico. 53 «Ricordo di Allah»: il «Dhikr Allàh», dalla «shàhada» (non c’è altro dio che Allah, Muhammad è l’Inviato di Allah), fino alla formula che si pronuncia all’uscita da una toilette, tutta la vita del musulmano deve tendere ad essere Dhikr ’Llàh. 54 Quando scese il versetto che proibiva definitivamente il consumo dell’alcol, molti compagni del Profeta (pace e benedizioni su di lui) lo interpellarono a proposito di quei musulmani che erano morti prima di allora e sul loro destino nell’Altra vita. Non era questione da poco, se si pensa che tra costoro c’erano i martiri di Badr e di Uhud ai quali Allah, per bocca del Suo Inviato, aveva promesso il Paradiso. Questo versetto con la sua triplice ripetizione viene interpretato da alcuni commentatori come una conferma del concetto della non-retroattività della legge, dell’assoluta obbedienza al precetto chiaramente espresso e l’invito all’accettazione delle leggi che sarebbero state rivelate in futuro. È sulla base di questa tradizione che abbiamo stabilito la traduzione. 55 «profondo di sé»: in questo brano traduciamo così il termine «ghayb» che rendiamo solitamente con «l’Invisibile, l’inconoscibile, il non-manifestato». 56 Lo stato di sacralizzazione (ihram) durante il Pellegrinaggio o la Visita. Vedi Appendice 57 Vedi sopra nota al vers. Il Corano respinge con fermezza qualsiasi tentazione utilitaristica tendente ad identificare il bene con quanto è materialmente utile. Se questo principio fosse valido (ci si scusi l’iperbole) il traffico dell’eroina che rende fino a mille volte l’investimento iniziale sarebbe il bene maggiore che ci sia al mondo. In tutto quello che è male e quindi vietato dall’IsIàm, c’è la maggior quantità di utile materiale, sia esso appunto droga, alcol, sfruttamento della prostituzione, gioco d’azzardo, usura, pornografìa ecc. L’esegesi classica ci conferma che il versetto fu rivelato per rispondere ad un beduino che si lamentava del fatto che il divieto dell’alcol implicava anche quello della sua produzione e del suo commercio, attività nella quale affermava di aver guadagnato molto denaro. 58 Gli arabi, e questo è un dato saliente del loro carattere, pretendevano di mettere alla prova l’Inviato di Allah (pace e benedizioni su di lui), ponendogli una quantità di domande nella maggior parte dei casi del tutto non pertinenti o relative a questioni astruse e irrilevanti. Il versetto scese per metterli in guardia e farli desistere da questa abitudine che infastidiva il Profeta. 59 L’allusione riguarda l’atteggiamento ironico e sarcastico che molti popoli ebbero nei confronti dei Profeti di Allah (pace su di loro). Pretendevano la realizzazione di prodigi e quand’anche questi miracoli si verificavano, non credevano. 60 Abbiamo accennato (vedi IV, alle pratiche della superstizione preislamica, relative alla fecondità degli animali: «bahîra, sàiba, wasìla, hâmi» sono nomi che identificano alcuni capi di bestiame che si trovano in particolari condizioni e che pertanto venivano dichiarati tabù. Si potrebbe tradurre il versetto anche in questo modo: «Segnare l’orecchio della cammella cinque volte madre, lasciarla libera in nome di un idolo, santificare la pecora per cinque volte madre di gemelli, o il cammello nonno o cinque volte padre: Allah non vi ha comandato queste cose!». Fu attraverso queste pratiche pseudoreligiose e intimamente legate alla natura pastorale della società araba preislamica che i beduini dell’Arabia abbandonarono e corruppero la purezza del culto monoteistico che era stato predicato da Abramo e da suo figlio Ismaele (pace su di loro). 61 «inventano menzogne contro Allah»: nel senso che Gli attribuiscono precetti che Egli non ha indicato. 62 «preoccupatevi di voi stessi!»: non è certo un invito a disinteressarsi degli altri anzi, cUmar ibn al Khattàb (che Allah sia soddisfatto di lui) commentò il versetto proprio come un invito alla necessità di un continuo esame di coscienza specie da parte di coloro che sono incaricati di istruire gli altri. 63 Normalmente con l’espressione «dei vostri» si intendono i musulmani e gli «estranei» sono le genti la cui testimonianza, nella giurisprudenza islamica, è accettata con riserva ed è comunque ricusabile. 64 «testimonino sul loro onore»: lett. «con la loro faccia». 65 Nel Giorno del Giudizio Allah interrogherà i Profeti e li interrogherà circa l’esito della loro missione. La risposta dei profeti rivela come a grandi livelli di realizzazione spirituale si associ la più grande umiltà nei confronti del Creatore e il riconoscimento dell’impossibilità umana a penetrare il disegno divino. È in questa accezione che, questa volta, abbiamo tradotto «ghuyùb» con «l’inconoscibile». Ogni profeta capisce che non è importante la dimensione storica della sua missione, il rapporto di causa-effetto tra la sua predicazione e il risultato ottenuto sul campo, ma importante è riconoscere la supremazia della conoscenza divina. 66 Vedi Sura di Maria (XIX, 29-33). 67 Gli apostoli sono i compagni di Gesù ed è lui il messaggero in cui essi devono credere. Rispondendo all’invito del loro Signore (gloria a Lui l’Altissimo) gli apostoli affermano la loro sottomissione dicendo: «bi-annanâ muslimùn»: siamo musulmani (sottomessi alla volontà di Allah). La rivelazione dell’IsIàm inizia quando «Adamo ricevette parole dal suo Signore» (vedi II, e termina con il Santo Corano rivelato a Muhammad (pace e benedizioni su di lui). 68 In realtà la miglior lettura di questo passaggio sarebbe: «è possibile che il tuo Signore voglia far scendere…». Non è credibile che gli apostoli dubitassero della potenza di Allah (gloria a Lui l’Altissimo), ma piuttosto che dubitassero a proposito della Sua benevolenza nei loro confronti. 69 La risposta di Gesù (pace su di lui) conferma l’interpretazione che abbiamo dato nella nota sopra, il timor di Allah e la fede in Lui sono in fondo la stessa cosa. 70 Molti orientalisti hanno preso a pretesto questo versetto per «dimostrare» che «il Corano si fonda su una conoscenza parziale del cristianesimo», in quanto «i cristiani non hanno mai considerato Maria una parte della trinità ma sempre una creatura». È quindi necessario ribadire come simile teoria sia essa stessa fondata su una parziale conoscenza della lingua araba. I grammatici arabi affermano infatti che «ilâha» (dio o dea) è sinonimo di «ma’bùd» (ciò che è oggetto di culto). Qualsiasi essere divenga oggetto di culto, preghiere, voti, sacrifici è quindi un «ilâha». Ora nessuno può negare che la teologia cattolica da un lato divinifica Gesù, dall’altro attribuisce a Maria un culto speciale (superiore a quello reso ai santi) detto iperdulìa. I cattolici inoltre rivolgono a Maria speciali invocazioni (l’Ave Maria, il Salve Regina, il Rosario) e le riconoscono titoli quali «Madre di Dio», «Regina dei Cieli», «Regina degli Angeli», ecc. È questa la ragione per cui Allah (gloria a Lui l’Altissimo) afferma nel Corano che i cristiani fanno di Gesù c Maria due oggetti di culto cioè, secondo la teologia islamica, due dèi.